Wednesday, January 18, 2012

Dal diario di bordo,

Quartetto Desueto Winter Tour 2011/ 2012


S. Martino in Badia, BZ 4 gennaio 2012 ore 4 e 30


E' arrivato il 2012, anno pronunciato in antiche profezie funeste , anno bisestile.
Confesso di non esser eccessivamente superstizioso, sicuramente sono pronto a scommettere un euro sulla mancata fine del mondo il prossimo dicembre, ma forse di queste cose è bene non parlarne, nè tantomeno scrivere.

Sono in montagna, è notte. Il 2011 si è chiuso suonando, sempre con la chitarra a tracolla ho varcato la porta del nuovo anno, il già iniziato da tre giorni 2012.

Alta Val Badia, fuori c'è neve, ma non il freddo pungente dell'inverno scorso, quando il termometro la notte registrava con facilità temperature tra i -12° e i -15°. Basta, credo non sia così interessante il dilungarsi con le osservazioni meteo; questa sera abbiam suonato alla casa della cultura di S. Candido, una delle serate più riuscite del nostro winter tour.
E'una sensazione appagante quella che si prova quando dopo diversi concerti ravvicinati il sound del gruppo si compatta e si percepisce una maturazione musicale, parallela a quella umana.
In scaletta questa sera, come più o meno anche le altre, i brani di Mari Lontani e quelli di Elementi Desueti, debitamente riarrangiati. Il nuovo disco è tutto sommato appena pubblicato, che stiamo tracciando già la direzione verso il prossimo, ma di questo ne scriverò tra un po'.

Non ci avevano lasciato del tutto soddisfatti i tre concerti al Teatro da Ponte a Vittorio Veneto, inizio di "Mari Lontani tour" a metà settembre dell'ormai scorso anno.
Sicuramente un ottimo successo di pubblico, ma sapevamo di poter far meglio nella cura del suono e della resa delle canzoni: avevamo trovato un maggiore equilibrio con la formazione a nove elementi però già nella data di Bologna al Bravo Caffè in novembre. Al Carambolage di Bolzano forse eravamo in troppi per quel palco piccino, perdendo d'intimità con il pubblico con quel suono poderoso, ma è stato utilissimo suonare la sera prima del concerto al teatro Zancanaro di Sacile del 7 dicembre scorso, dove le 550 persone presenti in sala hanno potuto ascoltare una band nettamente più convinta e precisa.

La scaletta si è arricchita di qualche nuova cover per il winter tour di questi giorni: essenziale per avere maggior freschezza nel suonare il confrontarsi con nuovi pezzi, ci ha suggerito anche qualche idea per le nostre prossime canzoni.

I prossimi giorni sono ancora in giro a suonare, fino all'8 di gennaio compreso.
Poi il 21 gennaio festeggerò il mio compleanno con un concerto dei Black Night da Boobe's ad Aviano. Il resto del mese lo spenderò a casa a Bologna, cercando di mettere insieme i frammenti di idee sparsi qui e lì tra un foglio ed un ricordo.

Del 2011 oltre ai classici mi è molto piaciuto il libro di Germana Fabiano, classe 1971, "In nome di Dio, per mano del Diavolo". Ambientato in Piccardia, intorno al 1500, racconta sette anni della vita di un boia: non è così truce o faticoso da leggere come potrebbe suggerire il titolo o l'ambientazione storica. Consigliatissimo. Dei gruppi emergenti mi sono piaciuti sia live che su cd gli Amycanbe. Lei, la cantante, ha una voce notevole, i musicisti le ruotano attorno scambiandosi gli strumenti; sono ancora evidenti alcuni influssi musicali, ma suonano come si deve e scrivono belle canzoni.
Ho preso bene quest'anno. Porto nel cuore la lezione che mi ha lasciato Daniela, quando ci ha lasciati poche settimane fa abbiamo tutti capito quanto valore avessero i suoi trent' anni strappati alla malattia.
Vivi intensamente e fa della tua vità l'esperienza più interessante possibile, non c'è altro da aggiungere.
E'come se un po' della sua forza mi avesse raggiunto. Mi sento motivato, lo sento quando è il momento di fare delle cose, di mettersi a lavorare, di sviluppare intuizioni in architetture musicali, di far diventare degli appunti il testo di una canzone. Mi rimbocco le maniche, guardo l'agenda nuova, con le pagine bianche ancora rigide, le solite speranze di vederla riempirsi, il bisogno di conferme e la semplice necessità di lavorare, la voglia di scrivere altre canzoni, migliori delle precedenti; di suonare su "quel" palco.
E'una vita intrisa di musica.



6 gennaio ore 4 e 36


Notte fonda ancora una volta.
Fuori dalla finestra silenzio assoluto.
Bianco.
Uno strato di panna soffice rischiara il buio.

Sono tutti a letto. Ma da poco.
La serata al Ca' de Bezzi è decisamente riuscita: suonare in un posto raccolto, in un edificio plurisecolare e con i visi delle persone a due passi da noi ci ha caricati e, imbracciati gli strumenti, abbiam iniziato a vibrare come dei diapason quando incontrano la nota giusta.
Delle persone ad un tavolo cantavano tutte le nostre canzoni, parola per parola.

Boccali di birra fatta in casa, carne, luci soffuse, legno e pietra.

L'edificio che contiene il Ca' de Bezzi si sviluppa su tre piani, il secondo ed il terzo arricchiti da quei grandi finestroni che si vedono nelle città del nord, dove c'è bisogno di raccogliere il più possibile la luce del sole. Noi eravamo al piano terra: quando entrava qualcuno nel locale arrivavano rasoiate d'aria gelida che facevano ondeggiare le accordature dei nostri strumenti acustici, questo nonostante la porta fosse protetta da una funzionale copertura in simil pelle, una piccola anticamera di tessuto rigido calata dall'altezza di due metri, esteticamente gradevole.

Altre persone stasera hanno conosciuto la nostra musica, si sono portate a casa un cd.
Noi sempre impegnati a migliorarci, ben sapendo che per fare qualcosa di realmente significativo c'è semplicemente bisogno di dedizione, impegno ed entusiasmo.

Sia all'andata che al ritorno fioccava piuttosto intensamente. Al rientro in Val Badia abbiam trovato la strada che più che pulita si poteva definire battuta, come una pista.

Stasera è anche venuto a trovarci uno dei migliori produttori di pinot nero dell'Alto Adige, Carlotto, con qualche bottiglia d'assaggio, cortesia apprezzatissima da tutti.

Ma la giornata è stata davvero lunga: a pranzo eravamo su un rifugio in quota: io Cesare Giacomo Mauro Mr Poletto Zita Max e Carlo Magno Magno.

Vertigini e salsicce.

Un'ovovia ondeggiante nel vento gelido, che saliva verso la cima su di una fune d'acciaio ad una trentina di metri sopra la pista ci ha portato su; radler da bere e salsicce con patate saltate e cipolla da mangiare. Poi grappa alla genziana.
Inevitabile a quel punto cantare qualche cosa: sì, gli altri cantavano, io al massimo ho borbottato, come al solito. Il rifugio era pieno, la cucina sfornava piatti a tutto spiano, mantenendo comunque buona qualità. La gente attorno era contenta e sembrava un qualcosa di tipico eccetera, si canta si suona le vecchie canzoni degli alpini e poi il brindisi e la risata sonora e le persone intorno che applaudono e fanno cenni d'assenso, i simpatici guasconi. Ecco, quel tipo di cose che non so perchè ma a me vagamente imbarazza. Sì, nulla d'importante, giusto un retropensiero, poi sono anch'io lì a far balotta.
Si è chiacchierato ancora un po' e poi siamo scesi a Picolin sempre con l'ovovia, questa volta ero più rilassato, mi è sembrato quasi semplice scendere la montagna in una precaria scatola di metallo e plastica. Mauro è sceso invece con gli sci, erano nuovi per lui, da fuori pista dice; in ogni caso risultava piuttosto goffo nella discesa e le traiettorie che sono riuscito ad intuire sbirciando giù mentre gli passavamo sopra, tra una vertigine e l'altra, sembravano sghembe.

Vado a letto, si è fatto davvero tardi ora, e devo ancora lavarmi i denti, gli occhi mi si chiudono già. Zzz.



Aldo

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