Stamattina mi sono svegliato che nevicava già; dalla finestra del mio salotto vedevo i tetti imbiancati e il fumo denso salire dai camini, mentre il vento faceva scendere la neve ora obliqua, ora quasi orizzontale, creando piccoli mulinelli di fiocchi e un paesaggio di bellezza ovattata.
Tra pochi giorni arriverò ai miei 35 anni, per festeggiare andrò a Parigi per la prima volta. Fino ad ora l'ho solamente guardata da lontano, accarezzata nei pensieri, nelle mie letture, l'ho ascoltata nelle canzoni dal tempo ternario, aspettando il momento opportuno per andarci, mentre approfittavo per volare al di là dell'oceano, guadagnare altre mete.
Ora il momento è quello giusto.
Saranno solo tre giorni, giusto un assaggio. Un primo viaggio.
Sono settimane, queste, in cui cerco di immaginare il mio futuro: l'irrequietudine che tratteggia la mia persona e solo parzialmente sopita in questi ultimi mesi è tornata a bussare alla mia testa, al mio cuore, al mio stomaco. Ho voglia di traguardi, di rimettermi in gioco, di spremermi il cervello e di scrivere nuova musica. E di suonare. Sì, ho tantissima voglia di suonare, magari con gente più brava di me, rimane sempre questo il modo migliore per imparare. Una delle cose più belle del fare musica è che si rimane studenti per una vita intera.
Sono ritornato a fare un giro sulla giostra emotiva sentendomi al contempo giovane e vecchio, fragile ed infaticabile, confuso e determinato. Alla ricerca del tesoro che non è altro che una nuova buona canzone, un riff degno di questo nome, una storia nuova da raccontare.
Prendo una valigia da sotto il letto e la riempio di sogni, imbraccio una chitarra e mi sento bene, al mio posto.
Aldo