Sipario.
E così mio papà va in pensione.
Dopo 39 anni in edicola.
Sette giorni su sette.
Mese dopo mese. Anni su anni.
Un lavoro usurante e al contempo denso di storie, inevitabili amarezze e imprevedibili soddisfazioni.
Aprì il 25 dicembre del 1976. Sì, proprio il giorno di Natale.
Papà aveva 23 anni, una moglie, un fratello ed una sorella più piccoli, una madre che faceva anche da padre, perché il padre non c'era più da qualche mese.
Dietro l'edicola un ospedale che sembrava assicurare il lavoro per tanto tempo a venire con il suo andirivieni perpetuo di persone.
Invece passò poco tempo e l'ospedale chiuse per essere riedificato in un altro quartiere di Vittorio Veneto.
A quel punto c'era una clientela da costruire, fiducia da conquistare.
Ha lavorato come un matto per farcela.
Sempre con il suo fare positivo, propositivo, contagioso.
Avevo 8 anni quando mi portò a casa il primo numero di Dylan Dog.
E poco tempo dopo le riviste di chitarre e di musica in generale.
Una miniera di gioia ed informazioni.
Lì nei pressi dell'edicola ci sono diverse scuole, tra cui un paio di istituti superiori. Molti degli studenti all'epoca leggevano i giornali, soprattutto se quotidiani schierati: di "Manifesto" "Unità" "Repubblica" "Il Secolo", se ne vendevano a pacchi. Poi, più di recente, i ragazzi si limitavano ad acquistare pigramente, e solo qualcuno di loro, Gazzetta e Tuttosport. Ora, ma questa tendenza è ormai consolidata da tempo, non vengono nemmeno più a rubare i giornali porno. Leggono sulla carta stampata quasi solo i vecchi e qualche ex giovane dai gusti vintage come me.
Durante le vacanze estive del mio periodo scolastico passavo molte giornate in edicola a dare una mano. Dalla fine degli anni '80 in poi. Lì ho conosciuto i suoi clienti, alcuni davvero incredibili con facce da personaggi che si vedono nei film di Sergio Leone, ma anche tanti appassionati di politica, alcuni dei quali mi hanno contagiato, o maniaci delle cose più astruse, dal gossip alla nera, dalle aberrazioni sessuali alle riviste dei trenini elettrici: il numero delle pubblicazioni delle rivendite di giornali anni 80/90 e primi duemila era poderoso, imponente.
Di uno dei primi giorni con papà in edicola mi ricordo queste parole:" Quando leggi una notizia, dovresti dare una scorsa a come è riportata su tutti i quotidiani, almeno quelli principali, a quel punto fai una media e forse lì ti sei avvicinato alla verità".
Si stava lì a lavorare, io al banco e lui che faceva resa, con mia nonna a dirigere il tutto con il suo umore oscillante tra vette e abissi, poi a metà mattina si andava con la renault 4 al Bar Dante a bere io una gazzosa e lui un'ombra, con in tandem un paninetto alla pancetta, of course.
A Serravalle al tempo c'era il Cinema Rossini dove in prima media vidi proprio con papà l'Attimo Fuggente, quella sera poi siamo andati al 128 a mangiare la pizza che erano le 10 e mezza, forse in quel momento preciso ho iniziato a capire che di notte si sta bene. Ma torniamo all'edicola.
Tra i tanti clienti Vip papà spesso ricorda quella volta che passò Mastroianni. Oppure la Deneuve. Ma è stata la quotidianità viva e a tratti pure aspra vissuta in prima linea a Serravalle a riempire le sue giornate per decenni. A dio, se ci penso sembra incredibile che oggi sia stato l'ultimo giorno. Il 3 marzo 2015. Nel 3 marzo del 1976 se ne era andato il nonno Aldo. E tu pensi, ma di tutti i 365 giorni di cui è composto un anno, chissà perché proprio oggi?
Se dovessi esprimere il sentimento nei confronti di mio padre in una parola userei sicuramente"riconoscenza".
Comunque papà nonostante un lavoro totalizzante ha sempre coltivato tante passioni, tra cui quella per lui esaltante del ballo. Negli anni sono testimone che ha dormito talmente poco che è come se avesse già ora vissuto 100 di anni. Di grinta ed energia ne ha ancora da vendere. Quindi niente paura dei punti interrogativi.
Papà ti voglio bene. E in bocca al lupo per la nuova vita che inizia domani.
Ti aspetto presto a Bologna.
E così mio papà va in pensione.
Dopo 39 anni in edicola.
Sette giorni su sette.
Mese dopo mese. Anni su anni.
Un lavoro usurante e al contempo denso di storie, inevitabili amarezze e imprevedibili soddisfazioni.
Aprì il 25 dicembre del 1976. Sì, proprio il giorno di Natale.
Papà aveva 23 anni, una moglie, un fratello ed una sorella più piccoli, una madre che faceva anche da padre, perché il padre non c'era più da qualche mese.
Dietro l'edicola un ospedale che sembrava assicurare il lavoro per tanto tempo a venire con il suo andirivieni perpetuo di persone.
Invece passò poco tempo e l'ospedale chiuse per essere riedificato in un altro quartiere di Vittorio Veneto.
A quel punto c'era una clientela da costruire, fiducia da conquistare.
Ha lavorato come un matto per farcela.
Sempre con il suo fare positivo, propositivo, contagioso.
Avevo 8 anni quando mi portò a casa il primo numero di Dylan Dog.
E poco tempo dopo le riviste di chitarre e di musica in generale.
Una miniera di gioia ed informazioni.
Lì nei pressi dell'edicola ci sono diverse scuole, tra cui un paio di istituti superiori. Molti degli studenti all'epoca leggevano i giornali, soprattutto se quotidiani schierati: di "Manifesto" "Unità" "Repubblica" "Il Secolo", se ne vendevano a pacchi. Poi, più di recente, i ragazzi si limitavano ad acquistare pigramente, e solo qualcuno di loro, Gazzetta e Tuttosport. Ora, ma questa tendenza è ormai consolidata da tempo, non vengono nemmeno più a rubare i giornali porno. Leggono sulla carta stampata quasi solo i vecchi e qualche ex giovane dai gusti vintage come me.
Durante le vacanze estive del mio periodo scolastico passavo molte giornate in edicola a dare una mano. Dalla fine degli anni '80 in poi. Lì ho conosciuto i suoi clienti, alcuni davvero incredibili con facce da personaggi che si vedono nei film di Sergio Leone, ma anche tanti appassionati di politica, alcuni dei quali mi hanno contagiato, o maniaci delle cose più astruse, dal gossip alla nera, dalle aberrazioni sessuali alle riviste dei trenini elettrici: il numero delle pubblicazioni delle rivendite di giornali anni 80/90 e primi duemila era poderoso, imponente.
Di uno dei primi giorni con papà in edicola mi ricordo queste parole:" Quando leggi una notizia, dovresti dare una scorsa a come è riportata su tutti i quotidiani, almeno quelli principali, a quel punto fai una media e forse lì ti sei avvicinato alla verità".
Si stava lì a lavorare, io al banco e lui che faceva resa, con mia nonna a dirigere il tutto con il suo umore oscillante tra vette e abissi, poi a metà mattina si andava con la renault 4 al Bar Dante a bere io una gazzosa e lui un'ombra, con in tandem un paninetto alla pancetta, of course.
A Serravalle al tempo c'era il Cinema Rossini dove in prima media vidi proprio con papà l'Attimo Fuggente, quella sera poi siamo andati al 128 a mangiare la pizza che erano le 10 e mezza, forse in quel momento preciso ho iniziato a capire che di notte si sta bene. Ma torniamo all'edicola.
Tra i tanti clienti Vip papà spesso ricorda quella volta che passò Mastroianni. Oppure la Deneuve. Ma è stata la quotidianità viva e a tratti pure aspra vissuta in prima linea a Serravalle a riempire le sue giornate per decenni. A dio, se ci penso sembra incredibile che oggi sia stato l'ultimo giorno. Il 3 marzo 2015. Nel 3 marzo del 1976 se ne era andato il nonno Aldo. E tu pensi, ma di tutti i 365 giorni di cui è composto un anno, chissà perché proprio oggi?
Se dovessi esprimere il sentimento nei confronti di mio padre in una parola userei sicuramente"riconoscenza".
Comunque papà nonostante un lavoro totalizzante ha sempre coltivato tante passioni, tra cui quella per lui esaltante del ballo. Negli anni sono testimone che ha dormito talmente poco che è come se avesse già ora vissuto 100 di anni. Di grinta ed energia ne ha ancora da vendere. Quindi niente paura dei punti interrogativi.
Papà ti voglio bene. E in bocca al lupo per la nuova vita che inizia domani.
Ti aspetto presto a Bologna.